Coordinatore dei lavori in Guinea-Bissau

Salvatore Merola

Per raggiungere il villaggio di N’Tchangue, i volontari dell’associazione Abala lite devono percorrere 25 km in macchina e tutte le mattine, prima della partenza, devono caricare le attrezzature necessarie per le attività che andranno a svolgere, controllare l’efficienza della vettura – in particolare acqua, gasolio e gomme – perché durante il tragitto non ci sono stazioni di servizio né gommisti e la strada asfaltata è piena di buche. Si avanza fino a Dugal cercando di scansare sia le buche sia le altre macchine che arrivano in senso inverso e a volte si ritrovano nella nostra corsia perché anche quelle fanno gli slalom tra le buche. Lasciando la statale asfaltata, ci aspetta una strada sterrata con altre buche e dossi che si sono formati durante la stagione delle piogge.

Quest’ultimo tratto è paesaggisticamente affascinante: si attraversa una piantagione di cajeu (anacardi), si incontrano molti esquilos (scoiattoli) che con rapidità attraversano la strada, studentesse e studenti che si recano a Dugal per frequentare le classi superiori, donne e uomini, che devono prendere il kantonga che li condurrà ai mercati di Mansoa, Nhacra e Bissau per vendere i loro prodotti: cabaçeras, galline, pomodori, carbone, etc. Tra noi volontari diciamo: “la Guinea è in cammino, ancora sempre a piedi”.
Il villaggio di N’Tchangue è uno dei più popolosi del settore di Nhacra. Dalla strada asfaltata al villaggio si percorrono circa quattro km in un continuo salutarsi tra volontari e abitanti: Bom dia! Como vai você?
Si arriva nella piazza, piazza per modo di dire, in realtà è il luogo dove si trovano gli alberi giganteschi di Poilon, uno dei quali è l’albero sacro. Ai suoi piedi si trovano bottiglie di birra, vino e oggetti vari utilizzati durante i riti sacri. Appesi all’albero si trovano ancora bianchi crani di animali. Al fresco, sotto l’ombra dei Poilon, ci si raduna, ci si incontra in cerchio: i volontari, le donne, gli Uomini Grandi, i giovani, le bambine e i bambini e a volte vengono a trovarci i cani, le capre, i maialini e le vacche.
Gli incontri hanno i loro preliminari che consistono in saluti e abbracci, in modo particolare al ritorno annuale dei volontari, che riprenderanno le attività e concorderanno nuovi progetti. I saluti non sono formali ma esprimono la felicità dei volontari nel ritornare a casa, nel rivedere la loro famiglia e degli abitanti del villaggio che riconoscono anch’essi i volontari come loro familiari che per troppo tempo sono rimasti lontani. Gli anziani e le donne ci raccontano quello che è accaduto durante la nostra assenza, si parla di quello che sarebbe necessario fare sulla base di quanto individuato l’anno precedente, si concordano le priorità e la loro realizzazione.
Lo sviluppo dell’orticoltura, implementato in questi anni, ha migliorato le condizioni alimentari del villaggio, ma ha aumentato la necessità di avere acqua in maggiore quantità per la produzione agricola e di migliore qualità per l’alimentazione umana.
Già nel 2015, l’associazione ha finanziato la costruzione di un pozzo con una profondità di 25 mt che garantiva l’approvvigionamento d’acqua anche durante il periodo di siccità da novembre a giugno. Ma, insieme agli abitanti del villaggio, ci siamo resi conto che con l’espansione dell’orticoltura e l’aumento della popolazione era necessario programmare per il futuro un’ulteriore quantità d’acqua. Per questo l’associazione si è attivata per trovare le risorse necessarie per la costruzione di un nuovo pozzo ad una profondità tale da garantire acqua a sufficienza con il Comune di Leinì e l’ATO3.
Con la popolazione Balanta non si possono fare ipotesi. Ad esempio non si può usare il condizionale “potremmo fare” o dilazionare nel tempo “lo faremo il prossimo anno” perché loro non possono aspettare, non sanno se l’anno prossimo saranno vivi e verificare se la parola data sarà mantenuta e per loro la parola data è sacra. Per questo l’associazione non aveva anticipato il progetto della costruzione del pozzo a bocca chiusa ma solo coinvolto le autorità istituzionali locali.
Quando sono arrivati i macchinari per la trivellazione del pozzo è stata una sorpresa per gli abitanti e subito dopo una gran festa. Insieme all’installazione del cantiere sono stati individuati i responsabili locali per la custodia della betoniera, del generatore per l’energia elettrica, del ferro, del cemento e di tutte le attrezzature necessarie e gli addetti alla preparazione dei pasti e all’ospitalità notturna per gli operai che arrivavano da altri villaggi.
Infine sono iniziati i lavori: trivellazione, fondazioni per la torretta, armatura e getto per i pilastri, costruzione della torretta in metallo. Per quest’ultima si è avuto un confronto con gli abitanti. In un primo momento si ipotizzava una costruzione in cemento armato. È poi prevalsa la scelta di una costruzione in ferro per dare un senso di leggerezza e di vuoto nel rispetto dell’ambiente. Con i suoi sei metri di altezza è la struttura più alta del territorio circostante. Tutti, uomini, donne e bambini si sono adoperati a collaborare alla costruzione trasportando ghiaia, sabbia, acqua per l’impasto, etc. L’impianto del pozzo funziona con pannelli fotovoltaici che, tramite una centralina senza utilizzo di batterie, aziona una pompa situata a 35 metri di profondità che, a sua volta, alimenta due serbatoi di duemila litri ciascuno posizionati a sei metri di altezza, due vasche di quattromila litri ognuna per l’irrigazione degli orti. L’impianto idrico fornisce acqua alla cucina e ai servizi igienici del complesso scolastico che conta 480 bambini dalla scuola dell’infanzia alla sesta classe della primaria e a sei punti acqua per l’alimentazione umana.
Le donne hanno chiesto di costruire all’interno del perimetro della torre un ricovero per gli attrezzi dell’orticoltura.
I volontari dell’associazione nelle loro specifiche competenze sono stati sempre affiancati da personale locale affinché conoscesse tutte le fasi del funzionamento e dell’interdipendenza delle varie apparecchiature e strutture per essere successivamente autonomo nella gestione dell’impianto idrico.
Durante la fase di costruzione dell’impianto, veniva data alle donne l’acqua per gli orti utilizzando una pompa alimentata da un generatore per alleviare la loro fatica.
Terminati i lavori un volontario ci comunica che tutti i collegamenti elettrici – pannelli, centralina, centralina pompa – sono OK. Si può quindi procedere per il collaudo finale dell’intera struttura. Fra i volontari c’è stato uno sguardo d’intesa e senza parlarci si è dato il via all’accensione della pompa che ha iniziato a sollevare l’acqua da 35 metri di profondità ai serbatoi sulla torretta. Nel silenzio totale un volontario apre il rubinetto e l’acqua innaffia tutte le persone che assistono all’evento. La commozione è stata generale con baci, abbracci e lacrime di gioia. E i bambini si sono riversati nelle vasche per un bagno rigeneratore.
“Fratello sole con discrezione e senza il rumore del generatore ha convinto sorella acqua ad emergere da madre terra per dissetare gli esseri viventi.”
Il 23 dicembre 2016 i volontari dell’associazione insieme agli abitanti del villaggio hanno organizzato la Festa delle donne agricole anche per inaugurare il nuovo impianto idrico. La festa delle donne agricole era stata promossa dai volontari anche negli anni precedenti per condividere con le donne degli altri villaggi i risultati delle attività svolte.
L’Associazione Culturale del settore di Nhacra è stata presente anche quest’anno per presentare uno spettacolo di danze tradizionali della Guinea-Bissau e la drammatizzazione delle attività svolte nel villaggio insieme ai volontari, per veicolare un messaggio di partecipazione, collaborazione, prevenzione dei furti e per spronare gli uomini a collaborare con le donne nell’orticoltura.
Durante la festa una donna anziana con una bacinella si avvicina alla fontana, intorno alla quale eravamo radunati. Una ragazza prende la bacinella e la depone sotto il rubinetto. Quando l’acqua sgorga, sul viso dell’anziana compare lo stupore e subito dopo la soddisfazione per non dover più faticare per procurarsi un bene così prezioso e la gratitudine nei confronti di noi tutti. Ci siamo guardati commossi e tutte le fatiche e le preoccupazioni che ci avevano accompagnato durante i lavori svaniscono di fronte alla sua soddisfazione. Lacrime di gioia inumidiscono i nostri occhi.
Durante l’incontro finale per la gestione del nuovo impianto c’è stata la formale consegna delle chiavi di tutti i rubinetti e della casa degli attrezzi nella quale si trova anche la centralina di controllo. Le donne hanno chiesto che una delle tre chiavi fosse loro consegnata. Anche questo ci ha resi orgogliosi per il lavoro di coinvolgimento e assunzione di responsabilità fatto in questi anni.
Prima della partenza per rientrare in Italia, nel febbraio 2017, Frei Silvano, col suo sguardo da monello, mi ha detto: “Quando voi non ci sarete, qui sparirà tutto, perché è l’unica struttura nella zona che non ha un guardiano armato giorno e notte.” Ho risposto che avrebbe dovuto controllare lui i Balanta, perché sono “i suoi figli”. Ad oggi nessuno ha portato via alcunché. Frei Silvano è mancato il primo gennaio 2018 e noi volontari l’abbiamo nominato Guardiano e protettore del pozzo, certi che con il suo sorriso ci accompagnerà sempre.